cita l’articolo “The exceptional near-infrared luminescence properties of cuprorivaite (Egyptianblue)”,
pubblicato nel 2009 sulla rivista scientifica Chemical Communications.
Tra gli autori: Nicola Armaroli (ISOF cnr) e Costanza Miliani (ISTM cnr)
Il Blu Egizio, un silicato di rame e calcio, è un pigmento blu che si trova raramente in natura. Fu prodotto e utilizzato fin dalla quarta dinastia egizia, intorno al 2500 a.C.. Nel 2009, un gruppo di ricercatori italiani del CNR (ISOF e ISTM), dell'Università di Perugia e del British Museum scoprirono che questo antichissimo materiale emette intensamente nella regione del vicino infrarosso (NIR, 910 nm), in seguito ad assorbimento di luce visibile. La resa quantica di fotoluminescenza è del 10.5%, e il tempo di vita dello eccitato è 107 microsecondi; si tratta di valori eccezionali per emissione nel NIR, che ne fanno un materiale promettente per applicazioni nel settore bioanalitico e fotonico. 8 anni dopo questa importante scoperta, un team di ricercatori australiani e statunitensi ha mostrato che l’intensa luminescenza infrarossa del Blu Egizio può essere facilmente sfruttata per il rilevamento di impronte digitali su superfici altamente modellate e riflettenti, un’operazione che è invece molto laboriosa con le tecniche esistenti. Questa nuova applicazione "CSI" del Blu Egizio – basata sulla scoperta italiana del 2009 – è stata evidenziata con risalto nel numero di Maggio 2017 del National Geographic Magazine, edizione USA.
"Questa bella storia ci dice due cose importanti" - dice Nicola Armaroli, del team CNR-ISOF - "Il primo è che solo finanziando la ricerca fondamentale è possibile ottenere avanzamenti tecnologici, la seconda è che, in giro, ci sono probabilmente ancora un sacco di materiali noti da tanto tempo e con proprietà ancora