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Black Phosphorus/Palladium Nanohybrid

aBlack Phosphorus/Palladium Nanohybrid: Unraveling the Nature of P-Pd Interaction and Application in Selective Hydrogenation

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Matteo Vanni,a,h Manuel Serrano-Ruiz,a Francesca Telesio,b Stefan Heun,b Martina Banchelli,c Paolo Matteini,c Antonio Massimiliano Mio,d Giuseppe Nicotra,d Corrado Spinella,d Stefano Caporali,e Andrea Giaccherini,f Francesco D’Acapito,g Maria Caporali,a,* Maurizio Peruzzinia,*Chem. Mater. 2019, 31, 5075-5080.

 

 

 

aCNR-ICCOM, Via Madonna del Piano10, 50019 Sesto Fiorentino, Italia
bNEST Istituto Nanoscienze-CNR e Scuola Normale Superiore, Piazza S. Silvestro 12, 56127 Pisa, Italia
cCNR-IFAC, Via Madonna del Piano10, 50019 Sesto Fiorentino, Italia
dCNR-IMM Istituto per la Microelettronica e Microsistemi, VIII strada 5, 95121 Catania, Italia
eDipartimento di Ingegneria Industriale, Università degli Studi di Firenze, Via di S. Marta 3, 50139 Firenze, Italia
fDipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Firenze, Via La Pira 4, Firenze 50121, Italia
gCNR-IOM-OGG, c/o European Synchrotron Radiation Facility - LISA CRG, Grenoble, Francia
hDipartimento di Biotecnologie, Chimica e Farmacia, Università di Siena, 53100 Siena, Italia.


E’ stato preparato un nuovo catalizzatore eterogeneo nanostrutturato impiegando il fosforene come supporto su cui ha luogo in soluzione la crescita omogenea di nanoparticelle di palladio. Al processo di sintesi è seguito uno studio sperimentale dettagliato per comprendere la natura della interazione esistente tra fosforene e nanoparticelle metalliche utilizzando diverse tecniche spettroscopiche (XPS, EELS, EXAFS). I risultati dell’indagine dimostrano per la prima volta che il fosforene è in grado di stabilizzare le nanoparticelle di palladio con forti legami di coordinazione, comportandosi come una macro-fosfina polidentata. Applicazioni del nuovo nanoibrido nell’idrogenazione del cloronitrobenzene hanno messo in luce il ruolo essenziale giocato dal fosforene nell’indirizzare la catalisi in modo efficiente e selettivo verso il prodotto desiderato.

La scienza dei materiali negli ultimi decenni è stata caratterizzata dalla scoperta e dallo studio di strutture bidimensionali, i cosiddetti materiali 2D. Questa nuova fase di ricerca si è aperta nel 2004 con l’esfoliazione della grafite, tramite la quale è stato possibile separare i monostrati di atomi di carbonio che, impilati in modo regolare, costituiscono il materiale 3D che forma l’anima delle matite da disegno e ottenere singoli strati di un nuovo affascinante materiale, il grafene, con proprietà molto diverse da quelle della grafite di partenza.


02La grafite è una forma allotropica del carbonio, costituita dall’impilamento di strati in cui gli atomi di carbonio sono legati tra loro in un motivo a nido d’ape.

 

 

 

 

Dalla sua scoperta, sono stati numerosi gli studi sul grafene e sulla base del know-how sviluppato, le tecniche di esfoliazione sono state estese ad altri materiali a strati, segnando l’inizio di un’era post-grafene. Tra i nuovi materiali 2D, quello che ha suscitato maggiore interesse nella comunità scientifica è stato il fosforo nero (black phosphorus, bP). Sebbene sia noto da oltre un secolo, a causa della difficoltà di preparazione e della sua scarsa reattività chimica è stato praticamente ignorato fino al 2014, quando per la prima volta è stato esfoliato ottenendo un nuovo materiale 2D con proprietà fisiche straordinarie. Come nel grafene anche nel fosforo nero gli atomi sono disposti in un motivo bidimensionale a nido d’ape, tanto che per questa analogia strutturale il monostrato di fosforo nero è stato ribattezzato fosforene.

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Il fosforo nero fu preparato per la prima volta dal fisico Percy Bridgman nel 1914. Tuttavia è solo a partire dal 2014, anno della prima esfoliazione meccanica di questo materiale, che l’interesse della comunità scientifica per il fosforo nero e per le sue possibili applicazioni è esploso.

 

 

 

 

 

Tuttavia a causa della diversa ibridazione degli atomi di fosforo, i fogli (flakes) di fosforene non sono piatti come quelli dell’omologo carbonioso ma hanno una conformazione ondulata, data da una alternanza di creste e valli. Su ogni atomo di fosforo, a differenza del carbonio che forma il grafene,  è inoltre presente una lone pair, ovvero un doppietto elettronico libero potenzialmente disponibile per la formazione di legami. Questa caratteristica, la più affascinante per un chimico, rende i flakes di fosforene una piattaforma per l’ancoraggio di frammenti molecolari o di nanoparticelle metalliche. Negli ultimi anni infatti, diversi gruppi di ricerca, tra cui il nostro, hanno funzionalizzato con successo il fosforene immobilizzandovi sopra nanoparticelle di metalli diversi. Queste eterostrutture hanno trovato applicazione come elettro- e foto-catalizzatori in importanti processi quali l’evoluzione di idrogeno (HER) o di ossigeno (OER) dall’acqua.[1] Tuttavia, fino ad ora, lo studio dell’interazione tra fosforene e nanoparticelle non è andato oltre il livello teorico.[2] Considerando il forte interesse della comunità scientifica per il fosforo nero e le sue promettenti applicazioni catalitiche, comprendere la natura di questo legame e capire fino a che punto il fosforene sia in grado di stabilizzare nanoparticelle metalliche sulla sua superficie ci è parso un problema molto importante. Per questo scopo, abbiamo preparato un nuovo nanoibrido costituito da fosforene funzionalizzato con nanoparticelle di palladio (Pd/bP). Disperdendo il fosforene in una soluzione contente un sale di palladio, Pd(NO3)2 e trattando la sospensione con idrogeno gassoso alla pressione di 5 atm per ridurre il sale a metallo, è stato possibile crescere nanoparticelle omogenee tra loro con un diametro medio di 3,1 nm, vedi Figura 1. Poiché la formazione di un legame chimico modifica la densità elettronica degli atomi coinvolti, il problema dell’interazione tra fosforo e palladio è stato affrontato ricorrendo a spettroscopie EELS e XPS.

04Nella spettroscopia EELS il campione viene bombardato con gli elettroni del fascio di un microscopio elettronico. Interagendo con gli atomi del campione gli elettroni vengono frenati. Misurando la loro perdita di energia è possibile risalire ad importanti informazioni sulla struttura elettronica degli atomi presenti nel materiale studiato.

 

 

 

 

06La spettroscopia XPS sfrutta l’effetto fotoelettrico: investendo il campione con raggi X gli atomi si ionizzano, espellendo elettroni dai loro livelli più interni. Misurando l’energia cinetica di questi fotoelettroni è possibile risalire all’energia di legame (binding energy) del livello in cui si trovavano. Questa è a sua volta legata allo stato di ossidazione dell’atomo.

 

 

 

Con queste tecniche è infatti possibile ottenere informazioni sullo stato elettronico degli atomi presenti in un materiale. Spettri EELS del livello L del fosforo registrati su un flake di Pd/bP hanno rivelato differenze significative tra regioni del flake in cui risiedono nanoparticelle di palladio e regioni che ne sono prive (fosforene ‘nudo’). Questa differenza negli spettri EELS è indice di una redistribuzione elettronica negli atomi di fosforo a contatto delle nanoparticelle (Figura 2). In accordo a questo, misure XPS sul palladio hanno evidenziato la presenza di due distinti contributi nel segnale (Figura 3): un primo, maggioritario, attribuibile a palladio metallico proviene dal “core” delle nanoparticelle ed un secondo, minoritario, spostato ad una binding energy maggiore appare dovuto agli atomi di palladio superficiali impegnati nel legame con quelli di fosforo. L’inattesa somiglianza tra questo spettro XPS e quello precedentemente osservato in nanoparticelle di palladio stabilizzate da leganti fosfinici[3] ha suggerito che il fosforene possa legarsi alla superficie delle nanoparticelle in maniera non dissimile dai leganti molecolari fosfinici. Questa ipotesi ha trovato conferma nelle misure EXAFS realizzate presso la European Syncrothron Radiation Facility di Grenoble (ESRF), le quali hanno evidenziato una distanza di legame tra fosforo e palladio di soli 2,26 Å. Questo valore è pressoché identico a quello di 2,25 Å misurato per le nanoparticelle di palladio stabilizzate con il legante fosfinico 1-fosfa-3,5,7-triazaadamantano. Tali osservazioni costituiscono la prova sperimentale che il fosforene è in grado di comportarsi come una fosfina polidentata e di dare origine ad un vero e proprio legame covalente verso gli atomi di palladio che risiedono sulla superficie delle nanoparticelle.

07La European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble è il primo e fra i più importanti sincrotroni di terza generazione presenti in Europa. Presso le beamline dell’anello è possibile eseguire diversi tipi di misure, tra cui studi EXAFS. La spettroscopia EXAFS permette di ricavare informazioni sulla struttura dell’intorno degli atomi di uno specifico elemento. Attraverso sofisticate procedure di fitting dei dati raccolti è possibile ottenere distanze di legame e numeri di coordinazione.

Il nuovo nanoibrido Pd/bP è stato poi testato come catalizzatore nella reazione di idrogenazione del cloronitrobenzene a cloroanilina.

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La reazione di idrogenazione catalitica è condotta all’interno di un’autoclave di acciaio, come quella mostrata qui a lato. Al suo interno viene trasferita la soluzione contente il cloronitrobenzene e il catalizzatore. L’autoclave viene quindi chiusa e pressurizzata con 5 bar di idrogeno.

 

Si tratta di un processo catalitico di notevole rilevanza industriale essendo le cloroaniline intermedi preziosi nella sintesi di cosmetici, prodotti farmaceutici, agrochimici e coloranti organici. Tuttavia spesso l’idrogenazione del nitro-gruppo è accompagnata dalla reazione parallela di dealogenazione che porta alla rottura del legame C-Cl con formazione di acido cloridrico. Da qui l’importanza di un catalizzatore selettivo per questa reazione. Test catalitici  hanno dimostrato che il nuovo nanoibrido, Pd/bP, è estremamente selettivo nella riduzione di entrambi gli isomeri orto- e meta- del cloronitrobenzene e si mantiene inalterato dopo test di riciclo. In particolare, con l’isomero orto- la selettività ha raggiunto il 97,3 % a conversione pressoché completa (99,5%) del substrato. Tale risultato è indissolubilmente legato all’impiego del fosforene come supporto catalitico. Utilizzando infatti nanoparticelle di palladio cresciute su matrice carboniosa, la selettività è scesa al 78,1 %. In conclusione, questo studio evidenzia che la forte interazione tra fosforene e nanoparticelle di palladio dà luogo ad un catalizzatore eterogeneo non soltanto altamente selettivo ma anche stabile, in grado di prevenire l’agglomerazione delle nanoparticelle e il loro leaching in soluzione. Questo apre l’orizzonte ad applicazioni non solo in catalisi ma anche nello storage di energia e nella preparazione di dispositivi.

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 Figura 1. Immagine TEM di Pd/bP e relativa distribuzione delle dimensioni.

 

 

 

 

 

 

 

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Figura 2. Studio EELS comparativo tra fosforo nero ‘nudo’ (sperimentale e simulato) e Pd/bP. In a è mostrata una porzione del flake di fosforene dove è ben visibile una nanoparticella di palladio (area più chiara della figura). In b sono riportati gli spettri EELS del livello L del fosforo e in c sono mostrate le corrispondenti derivate seconde. Lo spettro blu e quello rosso sono associati ai due riquadri del medesimo colore presenti in a. Il primo corrisponde dunque ad atomi di fosforo in contatto con la nanoparticella di palladio, mentre il secondo ad atomi di fosforo ‘nudi’, ovvero non funzionalizzati. Quello in verde è invece lo spettro del fosforene simulato con il software QUANTUM ESPRESSO. Mentre lo spettro simulato e quello sperimentale in rosso sono in ottimo accordo, lo spettro relativo al riquadro blu mostra un diverso andamento tra 138 e 140 eV segno di una modifica della struttura elettronica del fosforene a seguito dell’interazione con la nanoparticella di palladio.

 

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Figura 3. Spettri XPS dei livelli 3d del palladio (a) e 2p del fosforo (b). Nello spettro in a è ben visibile il duplice contributo dovuto al nocciolo della nanoparticella (picchi in blu) e agli atomi superficiali interagenti con il fosforene (picchi in rosso). Nello spettro del fosforo in b, oltre al contributo maggioritario dovuto al fosforo nero ‘nudo’ (picchi blu) e a prodotti di ossidazione (picchi rossi) è presente una terza componente a binding energy intermedia, riportata in verde, attribuibile a legami P-Pd.


 

 

IMG 7183 2Ringraziamenti:

Gli autori ringraziano la Commissione Europea per aver finanziato questo studio attraverso il progetto PHOSFUNPhosphorene functionalization: a new platform for advanced multifunctional materials” (ERC ADVANCED GRANT a M. P.) e il MIUR per il finanziamento attraverso il progetto PRIN 2015 (grant number 20154X9ATP).

Riferimenti:

[1] B. Li et al., Small, 2019, 15, 1804565.

[2] W. Lei et al., ACS Cat., 2016, 6, 8009-8020.

[3] Caporali et al., Chem.Cat.Chem, 2013, 5, 2517-2526.

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